Bruno da Cittadella, dottore in malta

Ho letto il libro che da il titolo a questo post, scritto da Gigi Copiello, sindacalista CISL per una vita (cit.).

 

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Copiello è vicentino, racconta del lavoro e della vita del suo paese, della sua regione e anche dell’Italia, filtra bene le storie usando la lente del sindacalista anche se la narrazione non è sempre scorrevole e nelle pagine finali, quelle in cui parla di Bruno da Cittadella, secondo me si imballa.
Tra i tanti racconti, quello che non poteva colpire il lettore si trova a pagina 78: “Mentre tutti gli altri centosettanta stabilimenti FIAT erano ancora al confino, dopo la sconfitta del 1980, alla Laverda (che era stata comprata dalla FIAT) si sarebbe fatto il contratto aziendale. Soldi, assunzioni e straordinari. Avevo convinto il gran capo delle relazioni sindacali FIAT, che però si impuntò quando gli dissi: “E sei ore di sciopero.” “Ma lei è matto!” “No, ce l’avete insegnato voi che non si ottiene nulla per nulla e adesso io vado a spiegare ai 1300 della Laverda che ho fatto la rivoluzione, che ho ottenuto tutto in cambio di niente. “E la FIAT si beccò contratto e sciopero.”

Ma del resto quelli erano altri tempi, il lavoro abbondava e il muro di Berlino ancora doveva cadere.

Al contrario della CGIL che propone oggi le “lotte” del 1982, il sindacalista Copiello si è evoluto e lo racconta bene nel libro, le aziende cambiano, cambia il lavoro e cambiano i lavoratori come le loro necessità.

Purtroppo non tutti cambiano, basta leggere i motivi che lo hanno portato a dare le dimissioni da segretario provinciale del suo sindacato: dissidi con la categoria dei pensionati.

Il Giornale di Vicenza del 20-01-2011: Copiello di dimette da segretario della Cisl

L’articolo 18 e la giusta causa

Come molti lavoratori dipendenti sapranno, anche le aziende con pi?? di 15 dipendenti licenziano, nonostante l'esistenza dell'articolo 18 e l'obbligo di reintegro serve principalmente a spostare verso l'alto l'asticella dell'indennit?? pecuniaria che si negozia con l'aiuto del delegato sindacale.

Non sono certo che tutti sappiano che nel caso in cui il datore di lavoro non corrisponda lo stipendio, la legge non ammette che ci si possa giustamente assentare dal lavoro (non mi paghi? e io non vengo pi?? a lavorare!), in questo caso il lavoratore risulterebbe assente ingiustificato e pertanto passibile di procedimento disciplinare.
Il mancato pagamento della retribuzione ?? ovviamente riconosciuto quale giusta causa di recesso dal contratto di lavoro (art. 2119 del Codice Civile), ma dopo quanto tempo il ritardo nel pagamento dello stipendio diviene giusta causa di dimissioni? E' sufficiente una settimana? Quindici giorni? Un anno?

La legge (Statuto, CCNL, Codice Civile) non dice nulla in proposito, pertanto ci si affida alla giurisprudenza maggioritaria che ha individuato in due (2) mesi il ritardo necessario a configurare l'inadempienza contrattuale quale giusta causa di recesso.

Inoltre, sino all'emanazione della circolare n. 97 del 2003, l'INPS negava l'iscrizione alle liste di mobilit?? ai lavoratori che si fossero dimessi per giusta causa, anche in questo caso ?? dovuta intervenire la giurisprudenza con la sentenza della Corte Costituzionale n. 269 del 17-24 giugno 2002.

Mi domando per quale motivo le organizzazioni sindacali ed alcuni partiti politici vadano in escandescenza ogni qual volta viene ventilata l'ipotesi di abrogare il famigerato articolo 18 mentre non si preoccupano di far legiferare in merito al ritardo??oltre il quale al lavoratore ?? data la possibilit?? di dimettersi per giusta causa.

La crisi aumenta gli iscritti?

La crisi ha incrementato le iscrizioni ai sindacati? L’incertezza o la paura generata dalla stagnante situazione economica hanno spinto qualche lavoratore in più dei soliti a prendere la tessera?
A leggere frettolosamente i dati pubblicati dalle maggiori sigle sindacali sembra di no, il numero di iscritti alle organizzazioni sindacali cresce poco ma cresce oramai da molti anni.
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Negli ultimi due anni però i posti di lavoro persi sono stati centinaia di migliaia, per cui la seppur modesta crescita degli iscritti dovrebbe suggerire che, tra chi continua a lavorare, è aumentato il numero degli iscritti alle organizzazioni sindacali.
Avevo voglia di verificare questa ipotesi e fortunatamente sia CGIL che CISL mettono a disposizione i dati degli iscritti per categoria, questa informazione è fondamentale considerando che (la notizia è oramai di dominio pubblico) la categoria più rappresentata dai sindacati è quella dei pensionati, in pratica circa la metà degli iscritti di CGIL e CISL sono ex lavoratori.
Non è probabilmente notizia altrettanto nota ma, la seconda categoria di iscritti alle organizzazioni sindacali più numerosa dopo i pensionati è quella dei lavoratori della funzione pubblica, lavoratori che non hanno perso il lavoro in questi anni e vanno quindi esclusi dall’analisi. Istat fornisce il dato necessario per il confronto, il numero di lavoratori dipendenti.
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Nonostante la diminuzione di 336mila unità negli ultimi due anni, i lavoratori dipendenti sono aumentati di circa un milione negli ultimi sei, sinceramente il dato mi stupisce, non avevo notato tutta questa dinamicità nel mercato del lavoro, considerando anche il fatto che di quel milione di posti in più dal 2004 al 2010, il 72% sono a tempo indeterminato.
La risposta alle mie domande è dunque affermativa, gli iscritti “depurati” da pensionati e pubblici dipendenti, sono aumentati ad un tasso mediamente doppio rispetto a quello con cui è aumentato il totale degli iscritti dei due maggiori sindacati italiani.
Nel 2009 il tasso di crescita degli iscritti “depurati” è stato più che doppio rispetto al totale, dei circa 61mila nuovi iscritti, 63mila non erano né pensionati né dipendenti della funzione pubblica (diminuiti quindi di circa 2mila unità).
Nel 2010 questa differenza passa a circa 5 volte (+0,21% di nuovi iscritti totali rispetto ad un +0,97%) e mentre il totale dei nuovi iscritti ammonta a circa 22mila i nuovi iscritti “depurati” sono circa 42mila!
NOTA: non ho incluso UIL in quanto fornisce i dati disaggregati per categoria solo dal 2007. Dal computo andrebbero depurati anche i disoccupati (la CGIL tessera anche chi non lavora) e i transfrontalieri ma essendo numeri modesti e non avendo troppo tempo a disposizione, non l’ho fatto. Se a qualcuno interessano i numeri che si trovano in questo post, li può scaricare qui.