Con l’esplosione dei fallimenti aumentano le operazioni poco trasparenti che mirano a recuperare rami aziendali ancora non del tutto avvizziti, lasciando in capo alla società fallita le attività non profittevoli e tutti i debiti, compresi quelli nei confronti dei dipendenti.
L’operazione è semplice, il soggetto interessato (talvolta un prestanome del precedente imprenditore) propone al curatore di affittare (più raramente di acquistare) un ramo dell’azienda fallita ma, per dare seguito all’operazione richiede un’apposita manleva che gli permetta di non subentrare nei debiti che la società fallita non ha onorato, includendo quelli nei confronti dei dipendenti, i quali possono aver maturato cospicui trattamenti di fine rapporto (TFR), in particolare se l’azienda ha meno di 50 dipendenti e quindi non è obbligata a trasferire le somme maturate dopo il 2007 al Fondo Tesoreria presso l’INPS.
Visti i tempi bui, questi accordi vengono talvolta accettati, in quanto si preferisce far ripartire almeno una parte della defunta attività e incassare il canone d’affitto del ramo d’azienda, inoltre i lavoratori dipendenti per quanto riguarda le loro spettanze possono rivolgersi all’INPS che, mediante un apposito istituto, liquida loro per intero il TFR.
Insomma, nessuno sembra perdere nulla e in questo modo viene reso possibile alla rediviva società assumere i dipendenti di quella fallita senza che questi chiedano al “nuovo” soggetto di pagare i loro crediti pregressi e magari beneficiano pure degli sgravi previsti per chi assume lavoratori in cassa integrazione o in mobilità.
Tutto questo è reso possibile dal Fondo di Garanzia, creato con la legge 297 del 1982, che raccoglie i contributi obbligatori dei datori di lavoro (0,2% della retribuzione lorda che sale al 0,4% per i dirigenti) e viene utilizzato unicamente per pagare il TFR dei dipendenti di aziende fallite. In parole povere l’INPS versa per intero il TFR maturato direttamente al dipendente e quindi si insinua al passivo del fallimento.
Grazie al lavoro dei curatori anche l’INPS riesce a recuperare parte dei crediti ma, come è evidente dalla tabella, la percentuale effettivamente recuperata è piuttosto bassa nonostante si tratti di crediti privilegiati.
Anno | TFR a carico Fondo di Garanzia L. 297/1982 | TFR già erogato e recuperato |
2010 | 576,59 | 212,00 |
2009 | 415,51 | 214,00 |
2008 | 446,38 | 189,00 |
2007 | 463,34 | 183,00 |
2006 | 462,98 | 173,00 |
TUTTI I VALORI SONO ESPRESSI IN MILIONI DI EUR
FONTE: RENDICONTI GENERALI INPS
Posta l’indubbia utilità di questo istituto, non mi sembra inopportuno obbligare anche le aziende con meno di 50 dipendenti a versare il TFR maturato dai dipendenti presso l’INPS (o presso un Fondo di Previdenza Complementare), eliminando il Fondo di Garanzia stesso, il relativo contributo obbligatorio ed evitando in questo modo di mettere a carico di tutta la collettività il costo dei fallimenti di aziende private.
Certo, il momento è critico, le piccole e medie aziende sono sotto capitalizzate e non è un bel momento per chiedere finanziamenti, epperò tornando all’operazione poco trasparente, non ci sarebbe più convenienza a rilevare il ramo d’azienda con il solo scopo di “pulire” l’azienda dai debiti e ripartire vergini, inoltre le risorse che si andrebbero a liberare (personale e mezzi dell’INPS, fondi a disposizione dei curatori per pagare i creditori non privilegiati) potrebbero essere almeno parzialmente utilizzati per diminuire il mostruoso cuneo contributivo e fiscale.
L’ho scritto qui perchè nel modulo di Mario non ci entra 🙂