I numeri del lavoro

Riallacciandomi a quello che ho scritto sotto, mi è sembrata una buona idea prendere i dati del Ministero del Lavoro che da Marzo 2015 vengono pubblicati con cadenza mensile, dando perfino evidenza delle trasformazioni dei contratti a tempo determinato in tempo indeterminato (che pertanto non vengono considerati nuovi posti di lavoro).

Le considerazioni che si possono fare sono molte, alcune molto acute le ha già fatte Francesco Seghezzi, altre le elenco qui in ordine sparso:

  • I contratti a tempo determinato rappresentano la parte preponderante (60%-70%)  delle nuove attivazioni e si tratta di una tendenza stabile. Ci sono tipologie di lavoro che per loro natura non conviene “stabilizzare” nemmeno con il nuovo contratto a tutele crescenti?
  • I contratti di collaborazione stanno lentamente sparendo. Merito delle riforme in materia di contratti di lavoro o delle modifiche ai regimi fiscali minimi?
  • Per ora non si intravede alcuna inversione di tendenza generale che non ricalchi gli andamenti tendenziali o transizione tra una forma contrattuale verso l’altra.

Il valore delle immagini

L’adagio “un’immagine vale più di mille parole” è diventato un mantra attualissimo nel giornalismo.

Software di elaborazione e visualizzazione, unitamente alla enorme quantità e accessibilità di dati in rete, hanno moltiplicato le possibilità di presentare notizie, ragionamenti ed opinioni in maniera immediata ma estremamente efficace.

Uno tra gli esempi migliori è Info Data Blog, brevi articoli che vengono narrati facendo ampio uso di infografiche, dati e immagini e molti altri se ne trovano nell’editoria estera (FT Data, Graphic Detail).

Anche numerosi blog (uno su tutti quello di Vincenzo Cosenza) fanno leva sulla potenza comunicativa delle immagini, oramai i dati sono a portata di tutti (Istat, Eurostat, Nasa, OECD ecc.), così come i software per manipolare e rappresentare i numeri.

Tralasciando il solito Excel (e cloni vari), un buon tentativo lo ha fatto Google, con Fusion Tables, dotato di notevoli potenzialità e che include un potente motore di georeferenziazione basato su Google Maps. Purtroppo l’ambiente web è decisamente crudo e lo rende piuttosto difficile da utilizzare per i non smanettoni.

Un altro interessante progetto del quale leggeremo sempre più spesso lo ha portato a compimento Tableau, una società con base a Seattle che produce un software che un tempo veniva chiamato Business Intelligence mentre ora viene appellato molto più efficaciemente Data Visualisation.

I primi clienti di Tableau sono società commerciali che lo utilizzano per analizzare dati sulle vendite, costi di produzione, analisi finanziarie e via di questo passo ma, al contrario dei concorrenti, quelli di Tableau hanno capito quanto importante sia l’utilizzo delle immagini nella diffusione e analisi delle informazioni presso il grande pubblico ed hanno pensato ad una versione pienamente funzionante ma limitata nelle sorgenti di dati utilizzabili (solo fogli di calcolo o di testo): Tableau Public.

Pertanto non ci può stupire l’esistenza (negli Stati Uniti ovviamente) dei corsi universitari di Data Journalism.