Riallacciandomi a quello che ho scritto sotto, mi è sembrata una buona idea prendere i dati del Ministero del Lavoro che da Marzo 2015 vengono pubblicati con cadenza mensile, dando perfino evidenza delle trasformazioni dei contratti a tempo determinato in tempo indeterminato (che pertanto non vengono considerati nuovi posti di lavoro).
Le considerazioni che si possono fare sono molte, alcune molto acute le ha già fatte Francesco Seghezzi, altre le elenco qui in ordine sparso:
- I contratti a tempo determinato rappresentano la parte preponderante (60%-70%) delle nuove attivazioni e si tratta di una tendenza stabile. Ci sono tipologie di lavoro che per loro natura non conviene “stabilizzare” nemmeno con il nuovo contratto a tutele crescenti?
- I contratti di collaborazione stanno lentamente sparendo. Merito delle riforme in materia di contratti di lavoro o delle modifiche ai regimi fiscali minimi?
- Per ora non si intravede alcuna inversione di tendenza generale che non ricalchi gli andamenti tendenziali o transizione tra una forma contrattuale verso l’altra.